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Marrakech, itinerario in un giorno

Scrivono che Marrakech è indimenticabile.

In qualche modo lo è stata anche per me.

Sarà per il contrasto dei colori della città, per la rigogliosa vegetazione, per le pareti coperte di buganvillee, per i muri di mattoni rossi o per lo sfondo delle cime innevate dell’Alto Atlante sotto il cielo di un blu intenso.

Sarà che all’interno della medina ti ritrovi in mezzo a gruppi di gente locale, prevalentemente uomini tozzi, con tuniche lunghe e scure, baffi e faccia furba oppure donne in pigiama di pile, che ti propongono tatuaggi all’hennè (chiedendo la modica cifra di 60 euro) accanto all’incantatore di serpenti ed all’addestratore di scimmie.

Non hanno fretta ne impegni, si offrono ad aiutarti anche se non ne hai bisogno, ti vogliono vendere dall’hashish alla spremuta di melograno, sperando di guadagnare qualcosa.

Non è certo la città ideale per rilassarsi, no signore, ne esci pazzo. Se pensi che con la guida turistica e le indicazioni stradali sia un gioco da ragazzi, ti sbagli! La medina è un labirinto sconosciuto anche per Google Maps.

Questa straordinaria e caotica sinfonia crea un ricordo forte.

Anche se sono stata pochissimo tempo, Marrakech mi è sembrata sprigionare energia attraverso le culture e i tesori del suo passato.

Per chi non lo sa, la città millenaria ha visto passare cinque dinastie che hanno cambiato man mano il suo destino. Iniziando dagli Almoravidi, che fondarono la città, continuando con gli Alaouita, che edificarono magnifici palazzi e che permisero alla città di diventare affascinante agli occhi di artisti e membri dell’aristocrazia mondiale, per finire al giorno d’oggi come meta di migliaia di turisti provenienti da tutto il mondo.

Marrakech, come altre città del paese, è divisa in due parti: la città vecchia Medina e quella nuova con i quartieri del Gueliz, dell’Hivernage e il viale Mohammed VI.

La maggior parte dei luoghi assolutamente da visitare si trovano all’interno della città vecchia, invasa da gatti, dove ho alloggiato presso il Riad Atlas Acacia. Considerando che la popolazione visibile è prettamente maschile, ho provato a coprirmi per bene, cosa difficile per me.

Ho iniziato la visita dal Palazzo El Bahia a 5 minuti dalla mia sistemazione. Fu costruito dall’architetto El Mekki nel tardo XIX secolo e commissionato dal Grande Visir Ba Ahmed Ben Moussa.

Dovette far costruire un palazzo enorme di otto ettari, dato che doveva sistemare le sue quattro mogli, le ventiquattro concubine e i suoi figli. Ci sono voluti più di 7 anni per finire le centocinquanta stanze (decorate da mosaici, decori a rilievo e soffitti in legno) che si snodano in modo intricato affacciandosi sui cortili, sui giardini e sulle fontane.

Da lì, sono arrivata a piedi alla surreale Piazza Jemaa el-Fna difficile descrivere, bisogna vederla.

Ruota tutto intorno alla piazza, dove, dalla mattina alla sera trovi e vedi di tutto.

L’immensa e confusionale area pedonale si trasforma in un teatro all’aperto grazie a: musicisti, acrobati, mangiafuoco, cartomanti, incantatori di serpenti e maghi che rendono il tutto in un spettacolo caotico. Di giorno è un luogo di incontro ed intrattenimento, ma la notte si trasforma in un ristorante a cielo aperto.

Anche se è stata riconosciuta dall’UNESCO come Patrimonio Orale e Immateriale dell’Umanità, a me non ha colpito particolarmente.

Ho preferito allontanarmi, dove a soli 500 metri ho potuto ammirare la Moschea della Koutoubia, considerata uno dei monumenti più belli del Maghreb. Impossibile non vederla, essendo illuminata anche di notte grazie al suo minareto di 77 metri, visibile fino a 25 km. Come nel resto del Marocco è impossibile visitarla per chi non è musulmano.

Non poteva mancare la passeggiata dentro il souk della medina, per scoprire le ricchezze dell’artigianato locale: pelletteria, tappeti, ceramica, oggetti di metallo e vestiti. Qui regna un’intensa attività commerciale caratterizzata da colori vivaci, odori delle spezie ed urla dei mercanti.

I venditori, che sono dei veri ammaliatori, hanno catturato la mia attenzione portandomi dentro i negozi e mostrarti ogni ben di Dio: “qualità garantita, Gucci originale”. Non ho potuto resistere alla loro insistenza, quindi ho comprato di tutto, dalle creme all’olio di argan, ai vestiti degli “stilisti” locali.

Dopo lo shopping ho cercato di dare un senso culturale al mio vagare.  Mi sono ritrovata di fronte al “The Orientalist Museum of Marrakech”, aperto da poco e molto interessante. Si tratta di una delle numerose gallerie d’arte, nate recentemente e dedicate a pittori e scultori.

In una sola giornata, sono riuscita a vedere poco, infatti c’è molto altro da scoprire: i Giardini Majorelle, la Madrassa Ben Youssef, le Tombe Saadiane e le rovine del maestoso Palazzo El Badi.

Sarà per la prossima volta, dovrò tornare assolutamente in Marocco per visitare anche la città blu Chefchaouen.

 

 

 

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